Il ponte della Val Polcevera
Lungo, snello, maestoso.
Passa un'auto, un autotreno;
c'è un rumore fragoroso.
Ha cartelli luccicanti,
e una certa, e un'altra,
e un'altra ancora deviazione:
ecco il ponte autostradale.
Ma sotto c'è silenzio.
Ci sono case e una strada
dove c'è un bambino,
nella sua carrozzella,
che piange,
perché ha fame.
Passa un'auto, un autotreno;
c'è un rumore fragoroso.
Ha cartelli luccicanti,
e una certa, e un'altra,
e un'altra ancora deviazione:
ecco il ponte autostradale.
Ma sotto c'è silenzio.
Ci sono case e una strada
dove c'è un bambino,
nella sua carrozzella,
che piange,
perché ha fame.
Genova 1967/68
E' la prima poesia che ho scritto a 10 anni, quando ancora non avevo scoperto che Ungaretti segnava le sue poesie con luogo e data. L'avevo scritta perché dalle finestra di casa mia avevo visto nascere e crescere il ponte per tanti mesi e allora vedevo le auto e i camion passarci sopra ma noi sotto ci andavamo a giocare per strade deserte. Ieri, sentendo leggere delle poesie in memoria delle vittime del ponte Morandi mi è tornata in mente.